La scopa di saggina di Roberto Beretta

Una tradizione che viene da lontano, uno dei lavori a cui si dedicavano i nostri zii, genitori e nonni nelle pause invernali quando nei campi c’erano poche attività.

E proprio da uno di questi ultimi depositari del “sapere contadino”, Aldo Beretta di Cascina Bracchi, che il nostro testimone Roberto Beretta (nipote di Aldo) ha potuto acquisire le conoscenze sviluppandole poi con le proprie capacità.

Qualche tempo fa ci siamo quindi dati appuntamento per riprenderlo dal vivo nella laboriosa e tutt’altro che semplice sequenza per costruire dalla saggina (la “melga” nel nostro bel dialetto) una bellissima scopa.

Nulla è lasciato al caso.
La saggina viene appositamente coltivata da amici contadini che la seminano al bordo di campi di granoturco.
Il salice “bottin”, divenuto molto raro, piantato nel proprio giardino per averne annualmente gli indispensabili rami che poi diventeranno indispensabili legacci.
Gli attrezzi, in parte antichi e recuperati dai contadini stessi ed altri appositamente ricostruiti.

Tutto pronto

Comincia la fase preparatoria dello sgranamento della saggina seguita da quella altrettanto importante della “divisione” del rametto di salice in tre parti, utilizzando un particolare e antico attrezzo.
Il salice vien poi ulteriormente “lavorato” per renderlo molto elastico e tenderlo il più possibile.

Si inizia a comporre la prima porzione della futura scopa.
Fondamentale la chiusura con il salice che deve garantire una tenuta agli sforzi che dovrà sopportare nel suo lungo utilizzo: “…una scopa può durare anche vent’anni…” ci dice Roberto.
Ovviamente se è ben costruita, come in questo caso.

Assemblaggio

La fase tecnicamente più complessa è sicuramente l’assemblaggio delle tre parti realizzate singolarmente.
Necessitano materiali, attrezzi adatti e tanta forza, tanta quanta ne avevano i nostri zii e genitori “che però noi non abbiamo più”, ci confessa Roberto.

Siamo ai ritocchi finali: un rinforzo importante, sempre con il salice, per migliorarne la tenuta allo sforzo, l’accorciamento della parte verso il manico ed una spuntatina alla punta con un vecchio coltello della Vismara. Manca solo il manico, di nocciolo in questo caso.
E il lavoro è terminato!!

Finita!

Visibile la soddisfazione di Roberto. Alla domanda del perché di questa passione risponde molto semplicemente “….mi è piaciuto il lavoro manuale, la destrezza necessaria, mi sono piaciuti i colori così naturali, il rosso e il giallo, tutto l’insieme mi ha attirato…poi siccome stava sparendo questa tradizione, ho detto: cià teniamola viva…”

Un esempio di come la passione per il nostro territorio passa anche attraverso il mantenimento di vecchie tradizioni seppur declinate in forma moderna nei giardini di casa, con la speranza, come confermato da Roberto, di farla proseguire: ” …spero tanto di riuscire a trasmetterla a qualcun altro, ho dieci nipoti, almeno uno….

Grazie!

Un ringraziamento doveroso a Roberto Beretta che, dopo un po’ di insistenza da parte nostra e vincendo un po’ di naturale ritrosia, ha comunque accettato di partecipare a questa esperienza mostrando pazienza, tenacia e competenza.

Un grazie anche ai nostri amici dell’AFCB Giorgio PennatiGuglielmo Beretta e Guglielmo Pennati per l’indispensabile e qualificato contributo tecnico.

Il video

La scopa di saggina di Roberto Beretta
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